Per settimane La regina degli scacchi è stata nella top 10 delle serie tv più viste e apprezzate di Netflix. Ovunque si parla di “scacco matto di Netflix”, giusto per rimanere in tema, ma è davvero così? Sicuramente la bellezza particolare di Anya Taylor-Joy (Beth Harmon in La regina degli scacchi) e la sua buona interpretazione l’hanno lanciata nell’olimpo degli attori del momento – almeno per ora -. La domanda che mi pongo è: durerà?
Regia: parliamone
Nelle scene di transizione la regia è sicuramente ben fatta, il problema sopraggiunge quando ci sono dei dialoghi, ovvero nel 75% della serie tv. Inquadratura sulla prima persona che parla, inquadratura sulla seconda persona che parla, questo all’infinito. Quasi sempre le solite angolazioni e, attenzione, non parliamo di accortezze, dettagli, ma di aspetti che rendono pesante la narrazione. Sarà che Scott Frank, il regista, ha una carriera affermata da sceneggiatore: questa serie tv è solo il suo quarto lavoro in regia. Non so se sia solo mancanza di esperienza, ma sicuramente ci mette del suo. Peccato, anche perché, di contro, la sceneggiatura è buona. Personaggi come Harry Beltik (Harry Melling) e Benny Watts (Thomas Brodie-Sangster) sono davvero ben scritti, ma anche la stessa Jolene (Moses Ingram) secondo me calza a pennello con la narrazione.

Colonna sonora e costumi: due facce della stessa medaglia
La regina degli scacchi è una serie tv molto sopravvalutata, non ho idea del perché abbia avuto tutto questo successo: davvero, mi sfugge. Tuttavia ci tengo ad esprimere un pensiero il più oggettivo possibile e, per farlo, vorrei concentrarmi su due aspetti. In primis vorrei parlare della colonna sonora: io capisco che, soprattutto in certi momenti in cui la protagonista abusi di bevande alcoliche, si sia voluto creare “ambiente”, ma figli miei, per quanto io possa immedesimarmi non voglio sentire una colonna sonora che arrivi a darmi fastidio. Verso la metà della serie, dopo che Beth è stata a Parigi per un torneo, nella scena del ritorno c’è in sottofondo ( che di “fondo” ha davvero poco ) una canzone francese che definirla fastidiosa è un eufemismo. E non succede solo in questa occasione, sia chiaro, ma è uno degli esempi più vividi.
Dall’altra parte, però, devo congratularmi sinceramente con i costumisti: al di là dei vestiti di Beth che sono davvero belli, ma in generale ogni personaggio non è mai fuori posto. In alcune occasioni ho avuto la sensazione che il vestiario stesso facesse da specchio alla personalità del personaggio: il modo di vestire di Harry Beltik in particolare mi ha dato questa sensazione. Anche Benny Watts è un altro esempio che mi ha suscitato questa sensazione.
La trama de “La regina degli scacchi”
Ora, non me ne vogliano i fan sfegatati degli scacchi (che poi, dove eravate prima di vedere questa serie tv?), ma già è un gioco che, per quanto richieda intelligenza, è terribilmente noioso. Aggiungiamo a questo una trama davvero poco interessante: ma come fa questa serie tv ad appassionare così tanta gente? Non lo so, non mi so rispondere. Quello che so, però, è che ho fatto davvero fatica ad arrivare in fondo, nonostante non siano tantissimi episodi. Non saprei neanche in che modo avrebbero potuto rendere la serie più interessante, vedo davvero una trama con pochissimo potenziale; nella mia testa rivoluzionerei totalmente la trama. Tu che ne pensi?
Il motivo del successo – considerazioni a freddo
Grazie ai miei canali social ho avuto l’opportunità di chiedere e confrontarmi con alcuni miei followers sul motivo per cui abbia riscosso tanto successo La regina degli scacchi. Le risposte sono state fra le più svariate, provo a riportare le più gettonate, per poi dare una mia interpretazione. Una buona parte delle persone che mi ha risposto, ha sottolineato il fatto che la serie sia, non voglio dire femminista, ma direi più che altro femicentrica (esiste questa parola?). L’idea di vedere una giovane ragazza che si fa strada nel mondo degli scacchi, un mondo perlopiù maschile, e che fa il culo a tutti gli uomini piace e piace parecchio. C’è anche da dire, però, che ormai non è più una novità così fresca: Netflix da sempre ci ha abituati a serie con protagoniste cazzute, personaggi omosessuali e di qualsiasi razza e genere. Questa mania – perché di questo si tratta – del politically correct sempre e comunque è pane quotidiano per le produzioni Netflix, perciò non credo sia realmente questo il motivo di tanto successo.
Un’altra fazione, invece, mi ha fatto notare quanto sia interessante l’aspetto etico che c’è dietro questa serie. Gli scacchi sono un mondo dove non conta il genere, conta solo quanto sei bravo a muovere le pedine. Vero, è interessante, ma può davvero essere il motivo di tanto successo? Io credo che le motivazioni siano molteplici, o almeno sono molteplici le motivazioni che potrebbero avvicinarsi alla verità. Sicuramente un personaggio femminile così cazzuto attira molto, ma piace anche la sregolatezza tipica di un’adolescente e come essa viene affrontata e superata. Non da soli, ma grazie ad un avversario, un’amica o un vecchio rivale.