Robert Kirkman, fumettista americano che ha creato The Walking Dead, ha collaborato con Prime Video per dare vita al suo Invincible. Un giovane supereroe che, nella prima stagione, è costretto ad imparare a convivere con i suoi poteri e gestire una vita privata tutt’altro che semplice.
Primo pugno nello stomaco – ma che cagata è?
“La prima mezz’ora è terribile.”

Signore e signori vi presento Darkwing, il Batman dei poveri, anzi, poverissimi!

Signore e signori vi presento Omni Man, il Superman dei poveri, anzi… ok, la smetto.
Dopo la prima mezz’ora ho pensato che avrei chiuso baracca e burattini da lì a poco. Di fatto, avevo davanti un red carpet di eroi “brutta copia” di quelli che conosciamo. Un po’ come quando giochi a Pro Evolution Soccer e invece di giocare con il Manchester United giochi con il Man Red: perde tutto il suo appeal!
MA COMUNQUE TUTTAVIA PERÒ…
questa, per chi non la conoscesse, è la nuova “cit.”
Amici miei, resistete fino alla fine del primo episodio. Vi PROMETTO che ne varrà la PENA!
Ginocchiata in fronte – “ma che Carlo è successo?”
Finisce il primo episodio e quella puzza di serie tv d’animazione americana mal riuscita sparisce e, al suo posto, una fragranza di problemi adolescenziali, segreti, sangue e violenza. Ho vissuto qualche minuto di trip degno degli anni psichedelici Pink Floydiani. Appena ho metabolizzato il passaggio da “rumenta sub-atomica” a “capolavoro” mi sono mangiato – no, non letteralmente – i primi tre episodi. Non conoscevo Kirkman come fumettista perché non sono un amante del genere, ma appena ho terminato il terzo episodio sono volato sul mitico mondo di Google. Aspettare una settimana per ogni episodio è stata una tortura.
Posso dire tranquillamente che questa è una serie d’animazione per adulti. C’è una quantità di sangue degna di un Saw, ma la trama è tutt’altra cosa. Sì, esatto, perché qui almeno la trama c’è. Nemici dall’altra parte del sistema solare, marziani, problemi di cuore e personaggi nuovi a palate.
Americanate fantastiche e dove trovarle: perché INVINCIBLE funziona?
Io non voglio venderti nulla: se ti va di vederlo ti assicuro che ne varrà la pena, ma se non ti interessa non c’è alcun problema. Tuttavia vorrei provare a convincerti e, per farlo, sarò semplicemente sincero. Cos’è che fa funzionare così bene questa serie tv?
Onestamente non lo so.
Vorrei dire “tutto”, ma l’esperienza mi impone di tirare il freno a mano. La trama è molto articolata, ma allo stesso tempo diretta, non si perde il filo. Nonostante i primi minuti trita-balle la storia entra subito nel vivo, con pochissimi convenevoli. Le animazioni non mi fanno impazzire, ma devo dire che ho una conoscenza minima del mondo dei fumetti, perciò posso basarmi solo sul mio gusto personale.
Ciò che invece mi ha lasciato a bocca aperta è il doppiaggio: Prime Video sta puntando molto sui doppiatori nostrani e questo non può che farmi piacere. Invincible è una serie che non ha paura di uscire dal “family friendly”, concetto che ha ormai schiavizzato Netflix andando anche a compromettere delle opere potenzialmente leggendarie. Può sembrare banale, ma ogni tanto abbiamo bisogno di contenuti un po’ più spinti, o comunque meglio contestualizzati. L’amico di Mark Grayson è gay, ma non ti viene sputato in faccia come se in ogni maledetto film o serie tv debba esserci un personaggio omosessuale, di colore o che comunque rappresenti una minoranza. Puoi mandare un messaggio importante sulle comunità “bersaglio” anche senza inserire un personaggio che alla prima battuta recita:
“Ciao, sono Lupo Lucio e sono gay”
Oppure far vedere nella PRIMA SCENA in cui appare questo personaggio che è gay: ma per cortesia! Un po’ di contesto.
Buone e cattive notizie
Prime Video sta puntando molto su Invincible, soprattutto all’estero, anche perché in Italia sembra l’abbiano visto poche persone – molto male -. La buona notizia è che questa serie ha riscosso tanto successo da aver già messo in programma una seconda e una terza stagione – UFFICIALE -. La cattiva notizia è che, probabilmente, saranno sempre 8 episodi a stagione e saranno distribuiti con la solita formula del uno a settimana.
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