Quando un film è tratto da una storia vera difficilmente risulta leggero. Il processo ai Chicago 7, invece, è un film di due ore che sembra durare 10 minuti. Questo grazie ad una sceneggiatura eccezionale, curata da Aaron Sorkin – che è anche il regista -. Naturalmente non è un viaggio a Gardaland, la pellicola tratta comunque argomenti molto delicati come il razzismo e il patriottismo. Il film, grazie ad un cast incredibile, riesce a raccontare con tanta fedeltà uno dei capitoli più controversi deli Stati uniti d’America della Guerra Fredda.
Il processo ai Chicago 7: una storia delicata
Molti di noi l’hanno studiato solo sui libri di storia, ma i nostri genitori hanno sicuramente memoria di questo evento. Sette cittadini americani protestarono in piazza alla Convention Nazionale Democratica di Chicago contro la guerra che aveva impegnato gli americani in Vietnam. I sette e un ottavo uomo, Bobby Seale, furono arrestati e portati in tribunale con l’accusa di istigazione alla sommossa e cospirazione. Quest’ultimo insultò più volte il giudice Hoffman, che lo fece legare e imbavagliare in aula. Dopo 3 anni dall’incriminazione di questi 8 uomini, la Corte d’Appello degli Stati Uniti ribaltò la sentenza, dichiarando che il giudice Hoffman e alcuni giurati peccarono di pregiudizio e razzismo.
Cosa ho amato di questo film
Il processo di Chicago 7 non solo vuole tenere vivo il ricordo di quelle vicende, ma soprattutto muove una fortissima critica velata al sistema americano. Ancora oggi, lo sappiamo, il razzismo e il pregiudizio regnano fra le strade del nuovo mondo. Questo processo di critica è reso possibile grazie a delle grandi interpretazioni come quello di Frank Langella, il giudice Hoffman nel film. Un personaggio che riesce a farsi disprezzare ogni volta che apre bocca. Grazie a questa pellicola ho anche rivalutato attori come Sacha Baron Cohen, l’attore protagonista di Borat. Non mi aveva mai convinto, ma è riuscito a farmi cambiare idea.

La sceneggiatura è un’altra cosa che mi ha fatto impazzire. L’alternarsi di scene nel presente e flashback visti da personaggi diversi restituisce un quadro completo di tutta la vicenda. I colori, poi, sono stati sfruttati da Sorkin in chiave evocativa. Nei flashback vediamo delle tonalità calde, ma che non ci fanno sentire colore. Del resto, stiamo vivendo delle scene crude, di vergogna e controversia. Nel presente, invece, vediamo tonalità differenti. L’ostilità del tribunale e la tristezza del contesto sono rappresentati perfettamente dai colori più freddi.
Il processo ai Chicago 7 bellissimo, ma non perfetto

Chi mi conosce sa che sono un grande fan di Joseph Gordon-Levitt, eppure, mi piange il cuore a dirlo, ma è l’unico attore che mi ha convinto poco in IL PROCESSO AI CHICAGO 7. Ovviamente la bravura dell’attore non si discute, ma è un peccato averlo visto poco in questo film. Si poteva giocare di più sulla sua figura, anche perché ovviamente il film è tratto da una storia vera, ma è romanzato. Si poteva dare un po’ più spazio ad un attore che ha dimostrato di avere un’espressività artistica da manuale. Forse è davvero l’unica macchia in un quadro quasi perfetto, ma è una brutta imperfezione.
Curiosità sul film e consigli
Non parlo quasi mai delle “curiosità” dietro il film perché mi sa di “roba copiata e incollata”, ma questa volta credo ne valga la pena. Inoltre vorrei dare dei personalissimi consigli sulla visione.

- Paramount avrebbe dovuto distribuire in esclusiva questo film, ma Netflix riuscì a strapparlo al gigante americano. Nonostante i produttori non siano stati molto contenti di questa cosa, in realtà grazie a Netflix il film ha raggiungi migliaia di spettatori in più. La speranza è di vedere molti altri film in esclusiva sulla piattaforma di streaming della grande N.
- Candidato a ben 6 premi Oscar, Il processo ai Chicago 7 era considerato da molti un reale pretendente al titolo di “miglior film” nella recente edizione degli Oscar. Amato dalla critica, in realtà non ha ricevuto nessun premio.
- Sorkin, invece, grazie alla sua sceneggiatura, ha vinto un Golden Globe.
Consigli
Un aspetto che è stato molto sottovalutato di questo film è il reparto sonoro. La colonna sonora e il sonoro stesso rappresentano una parte importante dell’esperienza dello spettatore, quindi ti consiglio di goderti questo film con un bel paio di cuffie oppure con volume alto e silenzio intorno.
L’ultimo consiglio che voglio darti riguarda la chiave di lettura del film. Sul web, dopo aver quasi completato questa recensione, ho cercato degli articoli inerenti per vedere cosa ne pensassero blog simili al mio o comunque testate meno importanti. Purtroppo, ho visto delle cose da brividi. Ho letto di giornalisti che si lamentavano per la “vena ironica” del film, quando si parla di un argomento serissimo. Amici miei, un regista è libero di fare una SCELTA artistica. Nel momento in cui il regista ti propone una storia in chiave “autoironica”, tu puoi apprezzare o meno, ma mettere in dubbio l’integrità morale di tale scelta è follia. Anzi, è proprio questa vena autoironica il motore di questo film.
Ma, in realtà, credo che sia solo un voler andare controcorrente, anche perché in una di queste testate lo stesso autore dell’articolo ha elogiato la figura del mafioso stereotipato di “La mafia uccide solo d’estate” con Pif. Questa non è autoironia su un tema delicatissimo, soprattutto per il nostro Paese?